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Testimone d’eccezione “A_Fenice”come ha vissuto questa avventura

Massimo Lanari,alias Max,alias A_Fenice,grande amico da anni,si è messo a nostra disposizione per 6 giorni,seguendoci lungo le strade,cucinando in casa,lavando la biancheria,massaggiando il sottoscritto nei momenti critici e tanti altri servizi.Max, per questo evento, si era preso una settimana di ferie apposta per dedicare tutto il suo tempo a noi.Non si può parlare di accoglienza,ma di casa nostra,tanto la sua generosità non ha limiti.Per 6 giorni ha dormito sul divano in modo che il sottoscritto riposasse bene.Il suo prezioso contributo a questo progetto è stato determinante e dirgli Grazie è riduttivo,ma sentiamo le sue parole:

Fioretti, opere e mattane di San Menego di Nove.

Circa un tre anni fa, di settembre, Menego arrivó in quel dell’Umbria, e fece diversi giri turistici, tra cui molti dei luoghi del santo a lui caro: San Francesco d’Assisi.

Si fece una promessa: tornerò in pellegrinaggio, a piedi, col ritmo della maratona.

L’uomo propone, Dio dispone, recita un antico saggio popolare, per dire che per quanto progettiamo, non sappiamo il nostro futuro. Il cammino di Domenico venne interrotto. Un terribile tumore gli venne diagnosticato quasi per caso. Non raccontiamo la lunga strada per arrivare all’intervento, superare il decorso clinico, e finalmente uscirne fuori, quasi per miracolo. Il grande staff ospedaliero e la forte fibra di Domenico han vinto la battaglia. Come non rimettere in programma la folle corsa (non si può diversamente definire) da Nove ad Assisi, per ringraziare il Santo e portare la sua preghiera, assieme al tanto subito, come segno di speranza per tutti.

Il primo pensiero di Domenico fu quello di fare il viaggio da solo. Ha organizzato un carrettino, dove aveva di tutto: pannello solare, batteria, vestiti, cibo, tenda …

In tanti gli abbiamo detto: non fare il martire, e soprattutto lo scemo. Fare il pellegrinaggio si, a piedi si, di corsa si, ma non puoi eludere i bisogni primari: doccia, cesso, cibo, e soprattutto il riposo per salvarsi da morte certa con un programma troppo assurdo.

Lui si convince, comincia a parlarne, e trova … la solidarietà umana. Trova chi lo aiuta a fare meglio il carrello, che sia funzionale, leggero, aerodinamico per quanto possibile. Perché portarlo ancora? “Ci porterò la preghiera e le speranze di tanti a San Francesco” risponde Domenico. Inutile litigarci per non trascinarlo almeno su salute e discese. Arriva ad infiammarsi il nervo sciatico per questo, ma non lo ha mai mollato due secondi, mai!!!

Arriva l’aiuto di fisioterapisti e allenatori di squadre nazionali, che la sanno lunga sui programmi di allenamento, e gli fanno i programmi per allenarsi come si deve. Arriva il nutrizionista che gli prepara pillole e polverine varie, tutti integratori, per evitare i rischi di salute che comporta una simile impresa.

Arrivano tanti che in mille modi gli danno aiuti per ogni cosa, ogni singolo particolare viene messo a punto quasi si dovesse lanciare una navetta nello spazio.

Arriva fuori dai pochi addetti, la voce di questa impresa. Si smuovono associazioni, amici, da tutto il mondo, Australia compresa.

Pure il genero Francesco si mette a disposizione per stargli a fianco e portare il furgone che accompagnerà Domenico. Lascia da sole per 15 giorni la moglie novella e la figlia di tre mesi. Tutto per Domenico. L’amore per quest’uomo è troppo grande per abbandonarlo a se stesso.

Vengono contattati comuni, parroci, amici, per trovare pernottamenti lungo il percorso.

Tutti, da parenti, ad amici, ad istituzioni, a semplici conoscenti, si muovono in qualcosa pur di stargli vicino.

Comincia la lunga corsa, con le mille soddisfazioni. Sul suo blog “Curatidisport.it” potete vedere foto, filmati e racconti di ogni singola fase. Mio compito è quello di raccontare l’ultima fase, quella Umbra.

Domenico è mio amico ormai da molti anni, e già quando aveva avuto l’idea di fare il pellegrinaggio, aveva avuto la mia disponibilità di appoggio incondizionato. Dopo che il pellegrinaggio aveva assunto tutt’altro aspetto, non solo non sarei tornato indietro, ma ero più che pronto ad ogni cosa servisse. Nonostante ci avessi pensato molto, non mi sarei aspettato tutto quanto sarebbe venuto.
Non parliamo di dare solo un letto, una doccia, e qualche piatto di cibo. Domenico ha coinvolto a livello totale, con le emozioni, gli studi dei percorsi, degli orari da tenere, le previsioni del tempo, i cellulari tenuti quasi costantemente sotto carica per la marea di messaggi in arrivo, per non parlare delle ore passate da loro sugli articoli da pubblicare, coi resoconti e le foto da caricare.
Francesco non riusciva ad andare a dormire prima dell’una. E alle sette sveglia per far mangiare Domenico, e farlo preparare, oltre poi a spostarsi alla tappa da raggiungere.
E il miracolo del “lupo”, cosi chiamato, il carrettino. Mi avevano raccontato che a loro era piovuto solo nei giorni di riposo, che pioveva solo fino a quando il Lupo non veniva messo a terra, e poi stop. Beh non credeteci, ma giovedì ha fatto un mezzo uragano di grandine, stavamo quasi non dico rinunciare, ma molto preoccupati si. Tira fuori il Lupo, 10 minuti di saluti e convenevoli con gli assessori del comune, e le nuvole nere girano sopra le teste, ma non cade una goccia.

Durante le varie tappe, Francesco davanti per guadagnare terreno e fermarsi per foto e filmati, loro in mezzo (ah si, da me si è aggiunto alla cordata Jambo, che seguiva Domenico un po di corsa un po in bicicletta, forzando Domenico ad andare più piano, perchè era diventato un razzo), io dietro con auto, lampeggiante, pettorina fosforescente di Tenda Aperta, a deviare e rallentare il traffico. La costante era la gente che ci sorpassava, (Io mi ero fatto dare il file della locandina della corsa, e sono corso a farmelo stampare e plastificare, per attaccarlo dietro la macchina) leggeva di cosa si trattava, perchè li stavamo disturbando nella loro marcia, e solo un paio forse, si sono un pò spazientiti. Chi non era indifferente, salutava, con clacson, con le mani, fino alla salita di Assisi dove la gente rallentava al sorpasso pur di fare foto e filmati.

I due giorni più belli? Gli ultimi due.
Durante la tappa Bastia – Vicinato, il sabato, ad una sosta per bere, Domenico mi ha chiesto quanto mancava ancora. Gli ho indicato il colle davanti, e ho detto che una volta superato quello, dovremmo aver dovuto cominciare a vedere il monte Subasio. Disgraziatamente i navigatori ci hanno indicato al momento una via che doveva essere più breve, e abbiamo deciso di farla. Non avessimo mai deviato!!!!

La via era molto più breve, ma con una salita da urlo: 12 %. Se in auto già la seconda non basta, immaginatevi a piedi, di corsa, e col carico dietro. Jambo ha provato per qualche metro, poi è dovuto scendere e proseguire a piedi: nemmeno le non so quante marce della su bici avevano un rapporto sufficiente. Domenico ha rallentato? Si è messo a camminare? Col cufolo!!!! Ha accelerato la corsa, ha staccato tutti, e tirato fuori un urlo disumano, ha raggiunto la cima.

Comincia la discesa, vedo da lontano il profilo del Subasio, e glielo comunico per radio (e si, siamo stati molto tecnologici. Due coppie di wolky, una che collegava me e Francesco per le decisioni di marcia, un’atra che collegava me e Domenico tramite auricolare per dirgli dove girare, dove rallentare, etc etc). Domenico da li in poi ha cominciato a prepararsi per la neuro (non fosse stato pronto già da molto tempo!!!). Per fortuna le poche case presenti sembravano disabitate, o con gli abitanti chiusi in casa. Sinceramente li avremmo spaventati. La parola “Assisi”, le urla di gioia, la frase “sono arrivato”, hanno cominciato ad uscire dalla gola di Domenico. Io dalla prima fissa senza gas, ho dovuto mettere la seconda. Volava, letteralmente.

Per fortuna Francesco ha trovato uno spiazzo per fermarsi proprio alla fine dell’areoporto, e abbiamo fatto fermare Domenico. In lontananza di vedeva tutto il Subasio con Assisi bella distesa sulla sua fiancata. Domenico si è gettato a terra, in ginocchio, ha chiamato Sonia urlando che era arrivato, le lacrime scendevano copiose. Non faceva che dire in veneto “che bela! che bela!”.
Lo abbiamo fatto calmare, e devo dire che anche noi si era supercommossi.
Aveva fatto più o meno 28 chilometri, il percorso medio di due tappe in una sola. Eravamo contenti di questo, cosi il giorno dell’arrivo ne avrebbe fatta una più morbida, e sarebbe stato più fresco per rivedere amici e parenti.
Siamo tornati a casa, e dopo un pranzetto e un minimo di riposo, ci siamo distesi e rilassati con una mega seduta di sauna e hammam a casa mia.
Per la cena era previsto un incontro con i parenti già arrivati ad Assisi.
Avevo sentito degli amici in zona, e mi avevano indicato un agriturismo spettacolare: pareti in vetro con sullo sfondo Assisi e in particolare la maestosa Basilica. E siamo tornati ad Assisi, e Domenico e parenti hanno avuto lontana visione del luogo che li stava aspettando, di giorno, fino all’illuminazione notturna.
Notte quasi insonne per tutti.
Jambo che non va a letto fino alle due e rotti, per finire gli articoli, Domenico agitato di suo, Francesco che aveva rivisto da poco la sua piccola principessa, assieme alla sue regina, dopo 15 giorni, e non stava nella pelle. E io che, coinvolto con tutta questa elettricità che girava, non ero da meno.
La mattina al risveglio eravamo stracci, coma profondo per tutti, ma abbiamo cominciato a caricarci programmando ogni secondo: avevamo un appuntamento preciso, e non potevamo sbagliare.
8.45 partenza alla volta di Bastia, 75 chilometri di corsa in auto.
Abbiamo preparato il lupo, abbiamo controllato ancora una volta le mappe, abbiamo previsto una breve sosta a Santa Maria degli Angeli per delle foto, e…. partenza.
Dopo i primi viali, la sontuosità della cappella di Santa Maria è apparsa alla nostra vista. Jambo ha l’idea di entrare dal fondo della piazza, ma non dice nulla, e devia dal percorso all’improvviso. Noi avevamo bloccato il traffico alla rotonda, e …casino generale. Ci siamo accucciati dentro i mezzi, e abbiamo proseguito facendo gli gnorri fino al fianco dell’entrata. Per fortuna tutto bene, ed è stato bello che jambo abbia avuto l’idea di questa piccola deviazione.
I vigili li presenti il modo fisso la domenica, ci hanno dapprima guardato male. Sono sceso, ho spiegato velocemente, e ci hanno da subito supportato per lasciarci in pace. Quando Domenico e Jambo hanno finito le foto, li hanno salutati con molto calore.
E da qui che comincia la vera avventura di emozioni che non ha fine.
Cominciamo a salire. La strada è unica, non se ne può fare una meno trafficata. La colonna di pulman dei turisti è ininterrotta, la strada è stretta, si formano tante file. Mi aspettavo molte proteste, molte suonate di stizza.
Nemmeno un colpo di clacson che sia uno. Non solo, tutti o quasi salutavano, alcuni han fatto foto rallentando nel sorpasso, facevano filmini.
Al parcheggio sotto la basilica sosta programmata, lavata di “muso” (e ascelle) cambio d’abiti per salire pulito. Io e Francesco ci piazziamo sulla salita storica da Porta S. Pietro(ben più del 12 % del giorno prima), e diamo il via a Domenico appena siamo pronti. Comincia la salita dei due pazzi. Di corsa anche li. E noi dietro con la lingua a penzoloni per fare solo 10 metri o poco più.
Arrivati alla piazza, un coro di urla di amici, parenti, echeggia per la piazza. Palloncini, stendardi, fiocchi, striscioni …. di tutto e di più.
Domenico urla, urla e urla. Poi si inginocchia, si stende, bacia e abbraccia la piazza. Poi abbraccia il lupo, e piange, piange come può piangere solo chi ha messo la sua vita in un progetto che ha dell’incredibile.
Pian piano (moooooolto piano), si calma, comincia a salutare. Tutta la gente che passava chiedeva cosa stava succedendo, e gli facevano foto. Alcuni si sono anche avvicinati per fare una foto ricordo con lui, per partecipare in qualche modo all’evento.
Gli stessi militari presenti a protezione della piazza si congratulano.
In quel momento…. il terrore. MI si avvicina Francesco e mi dice: “ma la ripresa è ferma!!!” Stavo facendo il video, e non so come, risultava fermo.

Avete mai avuto un pugno in pieno petto, dentro lo stomaco? Beh in quel momento mi era crollato il mondo. Quando caxxxo mai si era spento? Oddio mio, ho perso tutto l’arrivo? Mi sono letteralmente ca…ehm, sotto.

Francy ha cominciato a far scorrere i video, e a Dio piacendo, c’era tutto, ma tutto. Si era perso solo qualche abbraccio di parenti. E se li ero già emozionato di mio, col terrore di aver combinato un casino come pochi, le lacrime sono scese a bacinelle e le gambe son diventate di gelatina. Lo stop era partito per caso, ma per poco e da poco.

Lunghissima la sosta in piazza, non cessavano i saluti, gli abbracci, le foto con ognuno dei presenti, nemmeno ad un matrimonio tanta festa e tante lacrime.

Poi Abbiamo fatto indossare una tuta a Domenico e a Jambo, abbiamo passato il checkpoint dei militari, e siamo andati verso la basilica.
Anche li nuova commozione, nuovi saluti alla stessa, e sono scesi tutti verso la cripta del Santo.
All’uscita Domenico è stato avvicinato da un frate che ha chiesto se era un pellegrino. Dopo di chè lo ha portato in convento, e li gli ha rilasciato la “pergamena del pellegrino”, con tanto di timbri e riconoscimenti per l’impresa effettuata.

La partenza da Assisi era prevista per mezzogiorno, ma si è prolungata tanto, tantissimo. Io ad un certo punto ho preso Jambo e siamo partiti in anticipo, per cominciare a preparare il pranzo. Alle 15 circa 16 teste matte, noi ovviamente, più parenti ed amici di “percorso”, ci siamo ritrovati davanti a cibi della tradizione umbra. Gli ho preparato un bel piatto di strascinati casciani, e porchetta.

Mangiare, ridere, Domenico che ha voluto effondere una bellissimo discorso di ringraziamenti, fino a lodare il tumore arrivato che gli ha fatto scoprire tanta bella gente.
E io che gli volevo dire che il regalo più grande lo aveva fatto a noi, perchè ci ha dato la possibilità di unirci, tra perfetti sconosciuti, in perfetta “letizia francescanza”, pieni di amore e condivisione come si crea solo dopo lunghe e annose amicizie, tutto creato dal nulla, in pochi giorni o in poche ore.
Tanti sono i miracoli che Domenico ha creato con questo evento, tante le parsone smosse dal loro sonno, dal loro amorfismo.
Molti degli eventi accaduti non potranno mai essere capiti, se non da chi ha vissuto almeno una fase di questo evento.
Molti altri sono invece lampanti, e l’augurio più vivo va a chi è ammalato di tumore, che non perda mai la speranza.
Domenico a quest’ora doveva essere già cenere, e invece……
Vero, non tutti ce la fanno, non tutti ne escono vivi. Ma si può farlo. Ci si può sperare.
Prevenzione sempre, non perdere tempo quando si scopre, e fare tutto quanto consigliato senza dubbi, senza ritardi e con grande forza d’animo.
La possibilità di venirne fuori c’è, per molti, e se anche il percorso non è dei più buoni, non perdere mai la speranza e l’allegria.

Avrei mille altre cose da scrivere, mille altri aneddoti, ma ho già fatto un buon sermone, per cui mi taccio.

Rimane il silenzio dentro casa mia, che ha visto Domenico, Francesco, Jambo, per ben sei giorni, dove abbiamo condiviso tutto, ma prima di tutto un grande amore fraterno. Un silenzio opprimente, lo confesso, ma che spero di riempire alla prima occasione.
Nel cuore rimane la gioia, l’effetto di esser stato parte, seppur per poco, di questa cosa immensa.
Nei blog arrivaranno altri articoli, altri commenti, altre foto e filmati.
Sarà un pianto rivederli, ma sarà un ricordo di una manciata di giorni incredibili, dove la forza di volontà, l’amicizia, il dare senza chiedere, l’amore, l’hanno fatta da padroni, con una grande lezione di vita: Volere è potere, e amare è meglio di odiare!!!!
Menego santo subito!!!!!

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